Conoscere i costi delle cure odontoiatriche non serve a niente

La questione della conoscenza del costo di produzione del prodotto commercializzato o del servizio prestato è, in generale, da considerarsi un’informazione che è meglio avere. I manuali che trattano l’analisi dei costi sono numerosi, e anche per l’odontoiatria si possono trovare indicazioni sul come procedere per ottenere questa informazione. Visto lo sforzo organizzativo e amministrativo che l’averla impone, per quale motivo, a parte la legittima curiosità, lo si dovrebbe sostenere?

Per sapere se vale la pena darsi da fare per sapere quanto è costata l’otturazione fatta alla signora Pina, ci si può allora domandare: avuta quell’informazione, cosa può cambiare nella mia situazione?

Cominciamo a ragionare sulla questione della misura del reale guadagno, o della perdita, che dalla conoscenza del costo della prestazione può scaturire. Se ci si accorgesse che ci si rimette, bisognerebbe ovviamente aumentare i prezzi, o rinunciare per il futuro ad eseguire quella particolare prestazione. Ma è possibile? Per quanto riguarda i prezzi, l’informazione sul costo delle cure sarebbe utile se i primi fossero variabili a piacimento, cosa che è fattibile più in teoria che in pratica. Si pensi, al limite, ai prezzi per le prestazioni convenzionate, decisi in modo del tutto indipendente dalla volontà del dentista, il quale può solo accettarli, e si capirà che anche se si scoprisse che ci si rimette, l’unica libertà sarebbe quella di rifiutare di eseguire la prestazione in convenzione. Si pensi anche che i prezzi dei dentisti, in linea generale, non sono quasi mai basati sui costi di produzione, che per la maggioranza dei professionisti rimangono tuttora ignoti. I prezzi, nella stragrande maggioranza degli studi, si fissano infatti sulla base di ciò che si ritiene essere un prezzo praticabile nella particolare situazione del professionista, del territorio e del paziente. Tutti elementi che nulla hanno a che fare con i costi.

Per quanto riguarda la situazione in cui si scoprisse che eseguire una certa prestazione fa perdere denaro, o guadagnare troppo poco, ci si può veramente rifiutare di eseguirla? Se lo si facesse, è probabile che il servizio reso al paziente ne risentirebbe, ne sarebbe impoverito, con le conseguenze del caso, non ultima quella della perdita del cliente.

Per concludere questa prima disamina della questione “costo delle cure”: in base a quanto esposto conoscere quanto è costata l’otturazione della signora Pina, o l’igiene del pensionato Giovanni, non serve e potrebbe perfino indurre comportamenti controproducenti.

Oltretutto, se andiamo a guardare l’aspetto strettamente economico dell’attività del dentista, è assolutamente plausibile che lo stesso non sia minimamente interessato a sapere il costo per lui di singole prestazioni, anche perché sa bene che ogni prestazione, seppur uguale a livello di nomenclatore ad un’altra, nella pratica può essere molto diversa nelle condizioni di esecuzione. Ed avrebbe ragione, in quanto caratteristica di una produzione come quella sanitaria è che il costo di una cura è misurabile con precisione solo dopo averla eseguita. Basterà allora, a livello del controllo di gestione, essere in grado di sapere se l’attività nel suo complesso, cioè l’insieme delle prestazioni eseguite, fra quelle che rendono molto e quelle che fanno perdere, alla fine di un certo periodo, ad esempio l’anno, ha portato sufficiente reddito al suo titolare o meno. Se lo avrà fatto, a che scopo fare lo sforzo richiesto dall’analisi dei costi di produzione di una attività così complessa, come quella odontoiatrica?

Basterà allora, al dentista, disporre di un sistema amministrativo efficace nel sapergli dire se l’attività nel suo insieme va bene o no. Oltretutto, disporre di un sistema del genere è molto meno impegnativo dello scoprire il costo delle prestazioni, ci si può anche giovare dei dati presenti nel gestionale, meglio ancora di quelli presenti in una eventuale contabilità specializzata presente in studio, cosa sempre più consigliata visti i tempi, o al limite di quelli del commercialista, per quanto con alcune riserve. Meglio dei dati del commercialista potrebbero essere quelli dell’home banking, visto che sempre di più si assiste alla rarefazione delle transazioni per contanti.

Per sintetizzare:

  • se non hai potere sui prezzi, a che serve conoscere i costi?
  • in una produzione variegata e altamente variabile nelle sue condizioni di svolgimento, non conviene risparmiare energie e concentrarsi, amministrativamente, sulla misura del risultato dell’attività nel suo complesso, anziché su quello delle singole prestazioni?
  • e poi, data la variabilità delle condizioni produttive tipiche dell’odontoiatria, a cosa serve avere un dato preventivo di costo, se è molto probabile che non sarà rispettato?

Per quale altro motivo, o motivi, vale dunque la pena lavorare amministrativamente per conoscere il costo delle prestazioni eseguite?

Se ritieni che, nonostante quello che hai appena letto, ti possa interessare sapere quanto ti è costato eseguire l’otturazione della signora Pina, l’igiene del pensionato Giovanni o la protesi su impianti del ragionier Francesco eseguita dal consulente, l’occasione d’oro è quella di frequentare un corso specialistico, alla portata di tutti, che si terrà a Roma il 6 maggio 2023. A questo link ogni informazione: https://corsiodontoiatriaecm.it/corso/costi-e-prezzi-delle-cure-odontoiatriche-il-corso-base

Il “punto di equilibrio” del dentista

Il piano economico dell’attività, le simulazioni, il tempo e i ricavi necessari

Con l’analisi del punto di equilibrio (break even analyisis) si possono testare delle ipotesi alternative rispetto alle quantità di lavoro, ai prezzi, al reddito in più che si desidera, alle conseguenze di un nuovo investimento o spesa. Le formule del punto di equilibrio possono essere semplificate e portate in un pratico foglio Excel, come quello che presento, che uso nelle mie consulenze individuali, online e in presenza, e nella formazione. Evidenziata in verde è la zona della simulazione, che parte inserendo i proppri obiettivi nelle celle a fondo giallo. Di interesse anche i calcoli (automatici, nelle celle a fondo bianco) che il foglio Excel esegue a seguito dell’inserimento dei dati di ricavo, costo e di tempo dedicato nelle celle a fondo giallo

a) la tecnica del “punto di equilibrio” non è applicabile alla produzione odontoiatrica, serve infatti per capire se conviene o meno produrre o vendere scarpe o bulloni, a meno che il “prodotto”, cioè le prestazioni, non venga convertito in tempo, es. in ore, cosa che è assolutamente logica in quanto le prestazioni non si vendono, si “fanno”, il “prodotto” di un dentista è il tempo che riesce a dedicare all’esecuzione di prestazioni;

b) detta tecnica, in generale, serve per valutare percorsi alternativi (cosa succede se…);

c) la scheda di calcolo mostra una simulazione per vedere quante ore di produzione servono per coprire i costi o per ottenere un certo profitto (20.000 invece di 72.000 come si vede nei dati di partenza), quanti ricavi servono per per ottenere un profitto di 60.000, quante ore in più si dovrebbe lavorare, o quanti ricavi in più si dovrebbero realizzare (es. aumentando i prezzi) per continuare a mantenere lo stesso profitto (72.000), da qui l'”indifferenza”, ma aggiungendo una spesa (o un maggiore utile, il che è lo stesso) di 15.000.

L’ultima sezione del foglio di calcolo mostra una applicazione particolare del “punto di equilibrio”, che ho inventato io, che serve, ammesso di avere un “costo orario”, concetto che giudico sempre meno utile, per trasformare direttamente il tempo in denaro, ma questa è un’altra storia

Sempre deducibili le spese fatte su fornitori esteri?

Gli acquisti da fornitori esteri

La “chiusura fiscale” dell’anno. Un nuovo articolo su “Il dentista moderno”

QUANDO LA “SRL ODONTOIATRICA” E’ SOLO APPARENZA, LA CASSAZIONE AFFERMA CHE….

NON SI TRASCURI CHE, QUANDO LA “SRL ODONTOIATRICA” E’ UNA MERA APPARENZA….SOSTIENE LA CASSAZIONE CHE…

se la realtà è che sempre dell’attività professionale del socio si tratta, seppur “travestita”, può capitare, ma solo se si è sfortunati, una “ripresa” fiscale in base all’art. 37 del DPR 600/1973, che colpisce la c.d. “interposizione” di un soggetto apparente (la società) che si intesta il reddito, pagando le imposte in base al suo status (es. di società di capitali), mentre se la sostanza è quella di una attività individuale (per dimensione, numero e qualità dei soci, tipo di produzione, esercizio concreto dell’attività da parte di una sola persona, modalità informale e diretta di esercizio del potere decisionale, prelievi senza adeguata giustificazione e/o formalità ecc.), il Fisco potrebbe sostenere che il reddito spetta al soggetto “sostanziale” e dunque, per capirsi, se in capo alla società quel reddito fosse stato tassato al 24%, se c’è la “ripresa” quel reddito sarà riattribuito ai soci e tassato su base individuale (es. con le aliquote progressive Irpef). E’ l’applicazione del principio della “prevalenza della sostanza sulla forma”, per cui lo “schermo societario” evapora. Una sentenza di Cassazione ribadisce, fornendo due “principi di diritto”, la cosa.

Sent. 25/7/2022 nr. 23231, principi di diritto (corsivi miei):

  1. “in tema di accertamento sulle imposte dirette e sull’Iva, nei confronti del soggetto che abbia gestito uti dominus una società di capitali si determina, ai sensi dell’art. 37, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, la traslazione del reddito d’impresa, e delle relative imposte, in quanto effettivo possessore del reddito della società interposta; inoltre, in tale ipotesi, tra i due soggetti si instaura un rapporto di mandato senza rappresentanza, dove il mandatario è il gestore uti dominus e la mandante è la società, sicché, ove le prestazioni di servizi cui il primo abbia partecipato per conto della seconda siano soggette a Iva, pure il rapporto giuridico tra il mandatario e la società interposta è soggetto all’Iva; a tali fini incombe sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, il totale asservimento della società interposta all’interponente, spettando quindi al contribuente l’onere di fornire la prova contraria dell’assenza di interposizione ovvero della mancata percezione dei redditi del soggetto interposto»
  2. «in tema di sanzioni tributarie, nell’interposizione del gestore uti dominus alla società di capitali interposta ai sensi dell’art. 37, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 non ha rilievo il rapporto fiscale proprio di quest’ultima ma quello che fa capo direttamente all’interponente in quanto effettivo possessore del reddito d’impresa, sicché, risultando come se il reddito fosse da lui prodotto, la fattispecie esula dal disposto di cui all’art. 7 d.l. n. 269 del 2003 e le violazioni, pur formalmente dell’ente collettivo, vanno riferite alla sua attività»

MODELLO D ENPAM (ENTRO 31 LUGLIO 2022). ATTENZIONE ALLE “RETTIFICHE FISCALI”

Adempimento: comunicazione a Enpam del reddito professionale, Modello D, entro il 31 luglio

Entro l’ultimo giorno del mese di luglio, l’iscritto all’ENPAM è tenuto a comunicare all’Ente l’ammontare del reddito professionale prodotto nell’anno precedente, sul quale l’Ente calcolerà l’importo della contribuzione percentuale annuale dovuta. L’adempimento in questione è disposto dai commi 4 e 5 dell’art. 3 del Regolamento generale del Fondo.

La comunicazione si esegue in via telematica, accedendo all’area riservata all’iscritto del sito Internet Enpam e compilando il noto “Modello D”. Nello stesso sito Internet si possono trovare le istruzioni per procedere a questo importante adempimento, che ogni anno coinvolge medici e odontoiatri che svolgono attività libero-professionale e i loro consulenti. L’utilità di rivolgersi ad un consulente, di solito il commercialista, è evocata nello stesso sito Internet dell’Ente: in una apposita sezione intitolata “Importo da dichiarare”, nella sottosezione “Dove cercare l’importo” si legge infatti che l’importo da inserire nel Modello D si può trovare “orientativamente” sulle dichiarazioni dei redditi relative all’anno oggetto di comunicazione, e che: “In ogni caso ti raccomandiamo di consultare sempre il tuo commercialista”.

La trasposizione dell’importo dai documenti fiscali al sito dell’Ente non è dunque cosa automatica e immediata, nonostante il comma 1 dell’art. 3 del citato Regolamento generale lo colleghi alla dichiarazione ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, il modello “Redditi PF”, dunque indispensabile ma non esaustivo riferimento. Più in generale, si può affermare che in alcuni casi il reddito imponibile ai fini fiscali e quello ai fini previdenziali non coincidono. Si può anche osservare che l’aspettativa dell’Ente, rispetto al Modello D, non è tanto quella, ufficiale, di ricevere l’importo del “reddito”, ma direttamente quello dell’imponibile previdenziale.

Il calcolo dell’imponibile previdenziale

Il motivo per cui l’individuazione dell’importo da comunicare nel Modello D richiede un supplemento di analisi rispetto al mero dato fiscale, deriva in primo luogo da quello che si può definire come “principio di onnicomprensività” dell’obbligo contributivo dell’Enpam, in relazione alla captazione del reddito imponibile previdenziale, sancito nel primo periodo del comma 2 dell’art. 3 del Regolamento generale. Tale onnicomprensività si traduce, sul piano pratico, nella possibilità che, in base alla estrema varietà delle situazioni individuali degli iscritti, ci possano essere dei redditi che sono imponibili ma che o non compaiono nella dichiarazione dei redditi, o sono in questa presenti in più “quadri” reddituali e non solo in quello dedicato al reddito professionale, il “quadro RE”.

Inoltre, in secondo luogo, l’esigenza di applicare la contribuzione sui redditi effettivamente prodotti con l’attività libero professionale, al netto delle spese sostenute per produrli, fissata come principio dal comma 2 bis dell’art. 3 citato, dove le parole: “si tiene conto esclusivamente delle spese deducibili secondo la vigente normativa fiscale”, evocano la necessità che le spese deducibili per il calcolo dell’imponibile previdenziale possiedano i requisiti dell’inerenza e dell’effettività, escludendo dalla deduzione dai “redditi, compensi, utili ed emolumenti”, ciò che non è servito per produrli. Per simmetria, dal calcolo dell’importo da comunicare andranno altresì espunti eventuali componenti positivi, presenti nelle dichiarazioni ma non dovuti alla professione.

La rettifica dei redditi fiscali

Quanto indicato sfocia nelle principali indicazioni formulate da Enpam ai fini dell’adempimento in esame, visibili nella citata sezione del sito Internet intitolata “Importo da dichiarare”, dalle quali si evince che, ai fini della comunicazione dell’imponibile previdenziale effettuata con il Modello D:

  • Rettifiche in diminuzione. Non devono essere conteggiati altri introiti, diversi da quelli “derivanti dallo svolgimento in qualunque forma dell’attività medica e odontoiatrica o di attività comunque attribuita all’iscritto in ragione della particolare competenza professionale”, quali sussidi o indennità per malattia o maternità, contributi ricevuti in conto esercizio o in conto capitale. E’ inoltre da considerare fra queste rettifiche anche l’importo di eventuali plusvalenze da cessione di beni strumentali, in quanto non si tratta di componenti connessi con l’esercizio professionale ma di mere rettifiche fiscali. Tali importi, presenti nella dichiarazione dei redditi vanno conteggiati, ai fini della determinazione dell’importo da comunicare, in diminuzione del reddito fiscale;
  • Rettifiche in aumento. Non si devono tenere in considerazione le agevolazioni né gli adeguamenti fiscali; le principali agevolazioni presenti nelle dichiarazioni dei redditi sono i cosiddetti “superammortamento” e “iperammortamento”, mentre per “adeguamenti” si dovranno intendere eventuali aggiunte “extracontabili” ai redditi dovuti alla eventuale volontà di adeguarsi, in dichiarazione, al calcolo dell’Isa, l’ex “studio di settore”, o al reddito minimo in caso di società “non operative”. Tali importi vanno conteggiati, ai fini della determinazione dell’importo da comunicare, in aumento del reddito fiscale. In aumento andranno anche conteggiate eventuali minusvalenze da cessione di beni strumentali, in quanto non si tratta di componenti connessi con l’esercizio professionale ma di mere rettifiche fiscali;
  • Si noti che le indicate rettifiche vanno applicate a detti valori se presenti nelle dichiarazioni dei redditi dell’iscritto come a quelle delle società cui eventualmente partecipasse, in preventiva rettifica del reddito fiscale da queste ultime a lui attribuito e oggetto della comunicazione del Modello D.

Per concludere, si può notare che per l’onnicomprensività delle varie casistiche reddituali che confluiscono nel calcolo dell’imponibile previdenziale dell’iscritto, compaiono anche dei redditi puramente figurativi, cioè non effettivamente percepiti. Si tratta dei redditi derivanti dalla partecipazione alle società, di persone e di capitali, i quali vanno considerati, al netto delle indicate rettifiche, indipendentemente dalla effettiva percezione.

Vuoi capire meglio il “Quadro RE”?

E’ tempo di dichiarazioni, i commercialisti mandano ai clienti le bozze e per i dentisti professionisti e associati il “Quadro” per determinare l’imponibile professionale è il “RE” del modello Redditi.

A guardarlo così, a prima vista, senza spiegazioni, può sembrare un elenco astruso. In questa immagine invece si vede come ci sia una logica, piuttosto chiara. 

Il “Quadro RE” si può dunque leggere come fosse un “conto economico”. Si ricordi però che dalla contabilità fiscale non si può ricavare alcuna indicazione sui reali risultati annuali finanziari ed economici dell’attività

QUANDO IN STUDIO “SI CORRE” (MA NON SI PRODUCE)

[QUANDO IN STUDIO SI CORRE]

e la produttività crolla, si deve “bilanciare” e cercare di individuare i “colli di bottiglia”.
L’immagine allegata a questa nota è un file Excel che utilizziamo per la consulenza quando il cliente ha problemi di produttività: nonostante i molti pazienti e la teorica disponibilità di ore produttive da parte dei numerosi operatori, l’eseguito è basso.
Per affrontare questioni del genere, soprattutto in studi multioperatore, si deve iniziare domandandosi se gli orari di presenza degli operatori sono “bilanciati” rispetto alle presenze delle assistenti e al numero di poltrone.
L’immagine mostra la primissima fase del processo di analisi, che si avvale di ulteriori file Excel via via più elaborati e precisi, fase in cui si inseriscono le ore di presenza concordate con i vari operatori, si formula un ipotesi rispetto, intanto, al numero di poltrone moltiplicato per l’orario di apertura dello studio (ore teoriche a disposizione degli operatori per poter operare) e corretto con una valutazione della percentuale effettiva di “disponibilità” delle poltrone, collegata ai vari tempi morti e soprattutto alla presenza di un numero di assistenti “bilanciato” rispetto a quello degli operatori.
Il file Excel che si vede è programmato in modo da colorare di rosso le celle dei totali ore giornalieri che superano le “ore disponibili”. Il file Excel gestisce le 4 settimane del mese, in quanto le presenze degli operatori non è detto che siano uguali per tutte le settimane.

Variando il nr. poltrone, l’orario di apertura e la percentuale di “attività delle poltrone”, il foglio Excel “risponde” istantaneamente, si possono compiere le necessarie simulazioni per decidere cosa modificare
STUDIO BILANCIAMENTO FASE 1

ALLARGATA LA PLATEA DEI BENEFICIARI DEI CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO

Nuove chance per i professionisti e le imprese che hanno avuto riduzioni di fatturato, ma ora anche del risultato di esercizio, per accedere agli aiuti statali. Anche chi nelle precedenti edizioni non fosse rientrato nelle agevolazioni, ora potrebbe ricevere gli aiuti. Vediamo per punti dunque le novità in breve portate dall’art. 1 del nuovo DL (Decreto Legge) 25 maggio 2021 nr. 73, che in totale “cuba” 15,4 miliardi di Euro per i contributi a fondo perduto, pubblicato nella GU serie generale nr. 13 della stessa data:

  1. chi ha già ottenuto il contributo a fondo perduto previsto dall’art. 1 del DL 22 marzo 2021 nr. 41, con l’accredito su un suo Iban o come credito d’imposta da utilizzare in compensazione, in base al disposto del comma 1 della norma in presentazione, senza dover presentare altra istanza riceverà un importo identico al precedente con le stesse modalità; basterà dunque attendere l’arrivo sull’Iban dei fondi o procedere a compensare in F24 l’importo del  nuovo contributo; per tale nuovo intervento a sostegno delle attività produttive il Governo mette sul tavolo 8 miliardi di Euro per l’anno in corso.
  2. gli operatori economici “maggiormente colpiti” dall’emergenza epidemiologica Covid-19, possono, in alternativa alla fruizione del secondo contributo ex DL 41 2021 di cui al precedente primo punto, presentare facoltativamente un’apposita istanza all’Agenzia delle entrate qualora il loro ammontare medio mensile del fatturato del periodo che va dal 1 aprile 2020 al 31 marzo 2021 sia inferiore almeno del 30% rispetto a quello del periodo 1 aprile 2019 – 31 marzo 2020. Per il contributo ex DL 41 2021 si considerava infatti il confronto fra il fatturato medio mensile delle due intere annualità, compresi i primi mesi del 2020 che il nuovo contributo invece “taglia” fuori in quanto potrebbero non essere stati “colpiti” dalle conseguenze dell’epidemia. Il limite per poter rientrare nell’agevolazione è dunque ora calcolato sul fatturato dei soli mesi del 2020 che certamente hanno risentito della nuova situazione, e perciò alcune attività che non avevano diritto al primo contributo ora potrebbero riceverlo.
  3.  il contributo del punto 2, è calcolato in percentuale della differenza fra i due valori medi di fatturato, ma questa percentuale sarà più alta per le attività che non hanno beneficiato del contributo del DL 41 2021, si tratta dunque di una interessante nuova opportunità, al ricorrere ovviamente del requisito indicato al punto 2, proprio per chi non avesse potuto ottenere il contributo del precedente decreto. La procedura telematica per l’inoltro dell’istanza saranno definiti da apposito provvedimento del direttore Agenzia entrate, e da quel momento ci saranno sessanta giorni per presentarla. Per questo nuovo contributo, sono stati stanziati 3,4 miliardi di Euro.
  4. Chi avesse già beneficiato del contributo del decreto 41 2021, e presenterà l’istanza per ottenere il contributo alternativo del punto 2 anziché “accontentarsi” della ripetizione automatica descritta al punto 1, qualora in base al nuovo calcolo gli dovesse spettare una somma maggiore di quella che gli arriverebbe “in automatico”, si vedrà riconoscere anche la differenza; se invece con il nuovo calcolo gli spettasse una somma pari o inferiore, percepirà  unicamente il contributo “automatico” del punto 1.
  5. E’ previsto infine un nuovo contributo a fondo perduto, diverso dai precedenti in quanto calcolato in percentuale non più della riduzione del valore medio del fatturato mensile, ma della diminuzione del risultato d’esercizio, desunto dal confronto fra i dati della dichiarazione dei redditi per il 2020, che sarà da presentare entro il 10 di settembre di quest’anno anziché entro il 30 novembre, e quelli della dichiarazione relativa al 2019. Se il risultato d’esercizio del 2020 sarà inferiore di una certa percentuale, ancora da decidere, rispetto al 2019, allora si avrà diritto al nuovo contributo a fondo perduto. La percentuale del contributo sulla riduzione del risultato sarà decisa da un prossimo provvedimento del Ministero dell’economia e finanze. Per l’attuazione di questo nuovo aiuto, si dovranno attendere i provvedimenti ministeriali e dell’Agenzia delle entrate. Per questo nuovissimo contributo a fondo perduto sono stati stanziati 4 miliardi di Euro.

Dentista ditta individuale? Si, forse, no

In alcuni scritti, e in particolare in un articolo apparso nel gennaio 2021 su una rivista professionale, affermavo che l’attività odontoiatrica può essere gestita in modo imprenditoriale, anziché professionale, da parte di un imprenditore “individuale o societario”. Tale affermazione, si poggia sulla libertà per ogni soggetto giuridico pubblico o privato, di essere titolare di un ambulatorio purché autorizzato.

In seguito, sono apparsi dei contributi relativi alla possibilità per il dentista, rectius per un iscritto a un Ordine professionale, di operare come “ditta individuale”, iscritta in Camera di commercio, anziché come professionista intellettuale. Fra le differenze dei due status, quella fiscale comporta che nel primo caso la tassazione avverrebbe con le regole dettate per le imprese, nel secondo con quelle del lavoro autonomo.

Ora, prima di far notare che, da qualche anno, sembrerebbe esistere un generale divieto ad esercitare l’attività odontoiatrica in forma di ditta individuale, giova sapere che, per quanto scritto nel primo paragrafo, chiunque, può, come ditta individuale nonché come società commerciale, allestire un ambulatorio con i necessari requisiti, nominare un direttore sanitario e chiedere l’autorizzazione all’esercizio.

Però, se quel “chiunque” fosse un dentista in attività, si verrebbe a creare un conflitto insanabile fra la sostanza dell’attività, che è l’esercizio della professione, e la veste giuridica formale, che nel caso della ditta individuale, impresa, risulterebbe essere fittizia. Per capirsi, un dentista che facesse il suo mestiere come ditta individuale, risulterebbe portare contemporaneamente due “cappelli”, il che è, civilisticamente e fiscalmente, non consentito. Per le professioni ordinistiche, non c’è possibilità di scelta: vanno esercitate civilmente in base alle regole del contratto d’opera intellettuale, non a quelle del lavoro nell’impresa, fiscalmente in forma di lavoro autonomo. O non vanno esercitate. Il dentista che volesse essere titolare, in veste di ditta individuale cioè impresa, di un ambulatorio autorizzato, dovrebbe dunque, se non proprio “spretarsi” (cancellarsi dall’Ordine) almeno astenersi dall’esercitare nei fatti la professione, per farla fare ad altri abilitati in qualità di incaricati della ditta individuale. Oppure, al limite, ma molto al limite, la ditta individuale del dentista dovrebbe esercitare attività diversa da quella odontoiatrica, ad esempio la gestione di poliambulatori.

Venendo alla questione della apparente presenza di un vero e proprio divieto all’esercizio delle attività odontoiatriche come ditta individuale, si consideri la seguente disposizione di legge, il comma 153 art. 1 della legge 4 agosto 2017 nr. 124 (sottolineature mie):

“L’esercizio dell’attività odontoiatrica è consentito esclusivamente a soggetti in possesso dei titoli abilitanti di cui alla legge 24 luglio 1985, n. 409, che prestano la propria attività come liberi professionisti. L’esercizio dell’attività odontoiatrica è altresì consentito alle società operanti nel settore odontoiatrico le cui strutture siano dotate di un direttore sanitario iscritto all’albo degli odontoiatri e all’interno delle quali le prestazioni di cui all’articolo 2 della legge 24 luglio 1985, n. 409, siano erogate dai soggetti in possesso dei titoli abilitanti di cui alla medesima legge.”.

Si noti che la norma dispone per le “attività” odontoiatriche, non per la “professione”. Con questa disposizione, scritta per poter modificare la normativa nazionale delle Camere di commercio a seguito del parere 415099/2016 del MISE che, almeno “sulla carta”, impediva l’iscrizione in camera di commercio (rectius al Registro delle imprese) delle società commerciali qualora queste dichiarassero come attività svolta quella degli studi odontoiatrici, è stato rimosso l’effetto del parere, ma forse per una scrittura troppo rapida è sorto come effetto collaterale, tale almeno a me sembra, quello di riservare l’attività odontoiatrica solo ai liberi professionisti, alle STP e alle società commerciali. Niente imprese ditte individuali. Sta di fatto che, vigente questo apparente divieto, le camere di commercio hanno ugualmente iscritto ditte individuali che nei codici attività recano il codice 86.23 (come hanno continuato a iscrivere società commerciali anche dopo il parere del MISE ma prima della legge 124 del 2017), circa una novantina da ottobre 2017 ma, a titolo di mera informazione, di queste solo poco più di dieci dichiarano di svolgere effettivamente l’attività odontoiatrica (l’uso del codice Ateco è infatti obbligatorio in sede di apertura della partita Iva, quindi per l’Agenzia delle entrate, ma non per l’iscrizione di un’impresa che declina l’attività esercitata “a parole”) di cui otto risultano di proprietà di dentisti iscritti all’Ordine. Fra le altre ditte individuali con il codice attività 86.23, l’attività esercitata che va per la maggiore è la coltivazione di frutti oleosi e di cereali. Presenti in buona misura anche l’allevamento di suini ed equini, la locazione di immobili e la vendita per corrispondenza di prodotti alimentari. Insomma, un po’ di confusione, sarebbe meglio non provocarne altra.

Pagheremo molte meno tasse (nel 2023)?

Al termine di un webinar organizzato dall’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili di Padova, cui ho partecipato in quanto a quell’Ordine sono iscritto, tema la prevista RIFORMA TRIBUTARIA, vedi immagine di questo post, che tutti attendiamo con trepidazione, ho avuto la soddisfazione di vedere apprezzata da parte dei Relatori la mia seguente tesi, riguardante l’IRPEF:

ESENTARE DA IMPOSTA la parte di reddito corrispondente alla spesa annua mensile media per la tipologia di nucleo familiare, la condizione professionale della persona di riferimento della famiglia, il comune di residenza, se si vive in affitto o in proprietà.

Tale dato, la spesa annuale media, è stimato a giugno di ogni anno dall’ISTAT, quindi da un organo dello Stato. Per dare un’idea, una famiglia di due persone con due figli, in media nazionale, nel 2019 ha una spesa annuale stimata per vivere (casa, alimentari, istruzione, salute ecc.) pari a 39.903,84, somma che, secondo la mia idea di riforma, dovrebbe essere del tutto esente da tassazione nel coacervo dei redditi familiari.

Se il coacervo supera quella cifra, sull’eccesso si pagano tasse in modo progressivo, come per il patrimonio (esclusa l’abitazione, si ipotizzano aliquote progressive in base al suo ammontare a valori di mercato fra lo 0,2% e il 3%).

Altre questioni offerte dai Relatori, in previsione dell’insediamento della Commissione di studio della Riforma (se tutto fila se ne parla per il 2023, con la nuova legislatura):  

  • se si toglie l’Irap, deve aumentare l’Ires, e anche di 10 punti %;
  • le imprese minori (a mio “naso” potrebbero essere quelle con fatturati fino a poco più di 5 milioni) dovrebbero vedere una tassazione “catastizzata” in base a strumenti tipo studi di settore, con eliminazione di ogni altro adempimento burocratico;
  • addio all’aliquota piatta per Ires, anche le imprese sono da tassare con aliquote progressive in base al reddito e con un occhio anche al fatturato;
  • per l’Irpef, appunto un’esenzione di base universale, su cui si è innestata la mia tesi, che ho presentato all’inizio di questo post.

  Come si dice: chi vivrà vedrà, sperando che il punto di domanda che si legge sul titolo di questo post possa sparire!

Fondo Perduto Webinar + Foglio Excel

ATTENZIONE! la registrazione del webinar è disponibile gratuitamente

sul gruppo Facebook “Odontoiatria contabilità e fisco”, sul Forum ODONTOline.it e

sul canale You Tube Odontoiatria contabilità e fisco

FONDO PERDUTO WEBINAR – Dai casi pratici alle regole di calcolo delle medie mensili del fatturato

Chi ha diritto? Cosa significa “fatturato”? Il bollo si considera “fatturato”? Chi ha iniziato a lavorare nel 2020 o nel 2021 ha diritto? E tante altre sono le questioni che potranno trovare risposta.

Le regole del contributo saranno esposte a partire da esempi pratici di impiego del foglio di calcolo Excel già pubblicato qui sul gruppo.

Il previsto webinar su Zoom (la partecipazione è anonima; si possono fare domande al Relatore via chat e in audio), si terrà

MERCOLEDI’ 7 aprile 2021 ORE 20.30

Relatore Dott. Paolo Bortolini.

La durata “istituzionale” è di 30 minuti più

tempo per rispondere a eventuali domande.

PER PARTECIPARE GRATUITAMENTE: 

a) occorre essere iscritti al Forum ODONTOline.it e inviare una email a info@odontoline.it per ricevere il link per la diretta; oppure

b) essere iscritti o iscriversi al gruppo privato Facebook “Odontoiatria contabilità e fisco”, riservato agli odontoiatri, agli igienisti dentali e agli assistenti di studio odontoiatrico.

ATTENZIONE: solo gli iscritti al Forum ODONTOline. it e al gruppo Facebook “Odontoiatria contabilità e fisco” potranno inoltre scaricare il file Excel per il calcolo dei dati necessari all’ottenimento del contributo, se spettante e la registrazione del webinar

Contributo fondo perduto 2021. Foglio di calcolo gratuito

ATTENZIONE! la registrazione del webinar è disponibile gratuitamente

sul gruppo Facebook “Odontoiatria contabilità e fisco”, sul Forum ODONTOline.it e

sul canale You Tube Odontoiatria contabilità e fisco

E’ disponibile gratuitamente, nel Gruppo privato Facebook “Odontoiatria contabilità e fisco”, gruppo tematico di odontoiatri, igienisti dentali e assistenti di studio dentistico, il foglio di calcolo Excel per Windows che serve per simulare la situazione personale rispetto al diritto di percepire il “Contributo a fondo perduto” previsto dal DL 41.

Seguirà un webinar dove spiegherò in breve gli estremi di questa novità e risponderò a domande. Il link al webinar sarà pubblicato nel gruppo Facebook menzionato. Nel foglio di calcolo ci sono già le indicazioni per procedere, se ci sono domande e chiarimenti prego di scriverle nella apposita discussione in corso nel gruppo Facebook, risponderò nel webinar. Di seguito un’immagine esemplificativa del foglio di calcolo:

Contributo “a fondo perduto” 2021. In breve, a chi spetta?

Molti si staranno domandando se hanno o meno diritto a percepire il contributo previsto dal Governo. Una tabella riassuntiva può aiutare a fare rapidamente chiarezza.

2021: che la “riscossa” inizi dalla fatturazione!

Il 2020 ha portato molte novità per la fatturazione ai pazienti dei dentisti, delle quali è necessario tenere conto non solo per essere in regola, ma anche per migliorare la propria immagine nei confronti della clientela, cosa preziosa oggi più che mai. Infatti, c’è una grande differenza fra il mostrarsi informati, e perciò sicuri di ciò che si fa e dice, piuttosto che non saper dare risposte adatte alle tante domande che, sempre di più, i pazienti potrebbero fare alle persone che lavorano negli studi al momento del suggello del rapporto contrattuale, quello del pagamento delle cure.

L’occasione per sistemare la questione è già pronta, basterà partecipare al corso online sulla fatturazione al paziente odontoiatrico, oppure acquisirne la registrazione. Le quote prevedono la consegna di dispense.

Per fare esempi, si tratterà di sapere e di saper spiegare importanti novità, fra le quali:

  • coordinare l’onere del pagamento tracciato per avere il diritto alla detrazione della spesa sanitaria con l’intestatario della fattura;
  • quale tecnica di redazione della fattura potrà favorire il paziente nei confronti del Fisco;
  • come organizzare per bene la creazione della fattura al fine di adempiere correttamente e senza rischio di sanzioni al nuovo obbligo di invio mensile dei dati delle fatture al Sistema tessera sanitaria (sts);
  • cosa comporta per lo studio, e cosa dire ai pazienti che chiedessero informazioni, le nuove agevolazioni statali “cashback” e “lotteria degli scontrini”, anche in relazione alla presenza di un registratore di cassa in studio che, secondo alcuni, rientrerebbe fra i nuovi oneri a carico dei dentisti.

Per avere risposte dirette, precise ed esaustive, date con un linguaggio sintetico, chiaro, la partecipazione al corso online sulla fatturazione al paziente odontoiatrico, è la soluzione giusta.

Oltre agli argomenti già indicati, la partecipazione al corso, o l’acquisto della sua registrazione, offre i necessari chiarimenti e indicazioni operative, inclusive di suggerimenti per la gestione organizzata della comunicazione ai pazienti, per gli aspetti basilari della fatturazione al paziente:

  • la fattura si intesta sempre a chi ha avuto le cure?
  • a chi compete l’onere della marca da bollo?
  • è sempre necessario descrivere dettagliatamente le prestazioni?
  • si possono aggiungere spese per recupero di costi amministrativi? E molto altro ancora.

La partecipazione al corso online sulla fatturazione al paziente odontoiatrico consente ai presenti di porre domande al Relatore, e avere da lui subito soddisfazione, data la sua grande esperienza e preparazione specifica. Vi aspettiamo numerosi!

Un cordiale saluto e un grandissimo augurio per un buon anno nuovo.

Facciamo i conti in tasca al “Cashback”

Per i (pochi?) curiosi, quelli che guardano anche i numeri, ecco i conteggi del “Cashback”, l’operazione di restituzione di denaro riservata ai soli cittadini volontariamente muniti di smartphone o tablet (in spregio del principio costituzionale di eguaglianza del cittadino davanti alla legge dal momento che i cittadini che non lo posseggono sono a tutt’oggi milioni) che pagano le loro spese private con carte. Il “delirio digitale” fa si che la Pubblica amministrazione consenta, arbitrariamente, la fruizione di diritti a chi ha smartphone o tablet anzichè consentire a tutti (anche chi non ha smartphone paga con carte) di usufruirne con “normali” accessi a siti da PC e COMUNQUE presso uffici fisici. Continuiamo così.

Il denaro che tornerà nelle tasche dei cittadini (meglio, di un gruppo ristretto di cittadini, quelli muniti di smartphone e tablet), è denaro del (nuovo) debito pubblico. In pratica, lo Stato da a un gruppo di cittadini dei soldi che saranno alla fine pagati dall’intera collettività. Bene!

Ecco la tabella per i curiosi. Se qualcuno, conoscendo i valori delle transazioni con carte di pagamento, il loro numero in circolazione, il valore medio delle transazioni, il numero medio di transazioni annuali per carta si vuole divertire, provi a incrociare quei dati con quelli della tabella. E farci sapere.

Ah, per inciso, se il “Cashback” complessivo ottenuto dal gruppo di cittadini di cui si è detto dovesse superare i “tetti di spesa” della tabella, ciò che arriverà nelle loro tasche sarà “proporzionalmente ridotto”.

VEDI IL PROGRAMMA del nuovo

CORSO PRATICO INFORMATICO  INDIVIDUALE ONLINE

CONTABILITA’ E AMMINISTRAZIONE ODONTOIATRICA

Il cashback va dal dentista: “Dottore, ecco il mio codice lotteria, lo registri!”

Da “Radio studio” il tam-tam delle notizie fa sapere che la “Lotteria degli scontrini” e il “Cashback” sono in questi giorni oggetto di domande da parte di pazienti che si presentano presso gli studi. Qualcuno riferisce che un paziente gli ha chiesto di frazionare artificialmente il pagamento della fattura, per avere il “Cashback”, qualcun altro racconta di pazienti che pretendono di utilizzare il loro “Codice lotteria” al momento del pagamento. E via discussioni e imbarazzi.

Per evitare di rendere ancor più sgradevoli queste situazioni, servono le giuste parole, specie per comunicare il diniego di accettazione del “Codice lotteria”, specie nei confronti di pazienti convinti, magari erroneamente, di poter invece godere delle agevolazioni. Una comunicazione ben studiata fa risparmiare tempo, elimina malintesi e migliora l’immagine di chi la fa. Niente di meglio che poter ascoltare i consigli e le indicazioni di un professionista esperto nella gestione delle relazioni economiche con i pazienti odontoiatrici.

Nel CORSO SULLA FATTURAZIONE AL PAZIENTE, di martedì 15/12/2020 da ore 9 a ore 12, sarà trattata questa novità e fornito un fac-simile di un testo utilizzabile per spiegare la situazione ai pazienti in modo efficace e diretto, nonché preciso.

Il corso è tenuto online, è acquistabile anche la sola sua registrazione, ed è utilissimo, anche in relazione alle importanti novità, e ai nuovi rischi, portati dall’entrata a regime dell’onere di pagamento tracciabile per poter usufruire, da parte del cliente, della detrazione Irpef del 19%. Partecipando in diretta, si ricorda, è possibile fare domande e ottenere risposte ai propri dubbi.

VAI AL PROGRAMMA DEL CORSO, ULTIMI POSTI

Il prezzo delle cure ortodontiche. Il “marketing cartesiano” del passato

Tanti anni fa, seguivo i dentisti anche per quello che con molta circospezione si chiamava “marketing”. Lo facevo a modo mio, “da ragioniere”, cioè evitando di proporre teorie astruse e campate per aria, basate sulla sola pubblicità, come si vede fare oggi dal 99% di chi si offre ai dentisti, dunque cercando di offrire elementi razionali per far capire cosa, come, quando agire per ottenere risultati.

Questo articolo, del 1995, lo pubblicai in un momento in cui seguivo alcuni studi di sola ortodonzia, i quali, sentendosi “forti” della loro specializzazione desideravano evidenziare la qualità delle loro prestazioni utilizzando il prezzo elevato. La loro richiesta era di dargli aiuto nel creare metodi affinché se, poniamo, il prezzo di un trattamento nello studio del dentista “generico”, quello dove si recava “l’ortodontista con la valigia” fosse stato 1, il loro prezzo, doveva essere almeno 7,5. Ci riuscimmo.

L’articolo testimonia la ricerca tecnica che fu fatta per poi “passare all’azione” in modo razionale.

Oggi, ripesco questo reperto archeologico non per affermare che chi lo studierà riuscirà di sicuro a imparare come si fa a chiedere e ottenere prezzi molto più alti dei colleghi, servirebbero per questo molte più informazioni, ma diciamo per “vedere l’effetto che fa”. Francamente, lo trovo leggermente noioso, e forse non per tutti, però nel suo insieme è preciso nei concetti che propone con i suoi diagrammi cartesiani.

Dentisti e fattura elettronica: confermato, niente obbligo per il 2021! (e per il 2022)

Come si poteva ben desumere dalle importanti modifiche portate dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 19 ottobre 2020, ampiamente estensivo delle modalità di invio dei dati al Sistema tessera sanitaria (STS) da parte degli iscritti all’Ordine dei medici e degli odontoiatri, la bozza della legge di bilancio per il 2021 conferma ora che l’invio dei dati a STS sarà ancora sostitutiva del generalizzato obbligo della fatturazione elettronica fra privati previsto dal comma 3 dell’art. 1 del decreto legislativo 5 agosto 2015 nr. 127 (istitutivo dell’obbligo di fatturazione elettronica fra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato).

Infatti, nella bozza della legge di bilancio 2021 che circola da ieri si può leggere, al Titolo IV rubricato “Ulteriori disposizioni in materia di entrate”, quella dell’ art. 182, dedicato alle “Semplificazioni fiscali”, e in particolare il comma 4 che così dispone: “All’articolo 10-bis del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, e successive modificazioni, le parole “Per i periodi d’imposta 2019 e 2020″ sono sostituite dalle seguenti “Per i periodi d’imposta 2019, 2020 e 2021”. Si tratta dunque di una proroga, non di un’entrata a regime, del divieto previsto dall’articolo ora modificato di emettere fatture elettroniche con riferimento a quelle i cui dati sono da inviare al STS, cioè quelle emesse verso i pazienti persone fisiche, rivolto ai soggetti tenuti all’invio dei dati a STS.

Nella relazione illustrativa alla legge di bilancio 2021, questa proroga è motivata dalla persistente mancanza dell’individuazione di specifiche modalità di fatturazione elettronica per i soggetti che effettuano prestazioni sanitarie nei confronti di persone fisiche, cosa come noto resa ardua da questioni attinenti al trattamento dei dati personali dei pazienti.

Non poteva essere diversamente, viste le notevolissime modifiche apportate all’invio dei dati a STS: sennò, perché si sarebbe fatto tutto quel lavoro?

Ora, anche se in bozza, la sopravvivenza della fattura analogica e cartacea, con la sua fedele compagna marca da bollo, è assicurata anche per il 2021.

Questa novità, e molto altro, al prossimo corso online sulla fatturazione in odontoiatria. Vi aspettiamo!

Da dentista a società. Ma quanto conviene? Case study

Man mano che le difficoltà economiche aumentano, che la concorrenza di soggetti commerciali organizzati “morde” la pelle dei liberi professionisti, e non solo nell’odontoiatria, in certi casi, per “difendersi” meglio, si può valutare se vale la pena di organizzare la propria attività in forma societaria. Vi sono al momento anche delle spinte in tal senso da parte di associazioni di categoria.

Di solito il primus movens che induce a simili pensieri è l’auspicio di un possibile “risparmio fiscale”, seguito a ruota dalla speranza di riuscire a “salvare” il proprio patrimonio, o almeno una sua parte, se le cose dovessero andare male, se, in altre parole, ci si ritrovasse a un certo punto travolti dai debiti.

Se è l’aspettativa di un vantaggio fiscale quella che spinge il professionista a questo “cambio di pelle”, considerato che si tratta sempre di cambiamenti costosi nell’attuazione e reversibili di solito a caro prezzo, il buon senso suggerisce di valutare prima di muoversi se, rispetto alla propria situazione, ne varrà veramente la pena. Una accurata simulazione, è decisamente cosa più sicura rispetto al prendere per buoni i messaggi semplificatori e puramente propagandistici che circolano anche nel mondo odontoiatrico.

Rivolgersi ad un commercialista è di solito la cosa giusta da fare, in quanto servono valutazioni complesse, tenendo conto non soltanto dell’aspetto fiscale, ma anche di quello contributivo. Inoltre, tali valutazioni si devono condurre considerando che la presenza dei soci (sennò che società sarebbe?) introduce aspetti nuovi e diverse fiscalità da conteggiare se non si trattasse di colleghi odontoiatri.

In questo articolo si vuole presentare un nuovo software che utilizziamo nelle consulenze, eseguibili anche online, finalizzate alle valutazioni di convenienza di cui si sta parlando. Questo software mostra come sarebbe stata la tassazione al netto dei contributi previdenziali, o come sarà, se invece di operare come professionista si fosse operato o si operasse come società, di persone o di capitali, in relazione alla possibile varietà della compagine sociale: tutti dentisti o “mista”, con diverse percentuali di quote di partecipazione. Il software, nella versione “base”, gestisce le simulazioni per società fino a tre soci.

Le simulazioni valgono tanto per le società tra professionisti che per quelle commerciali, in quanto dal punto di vista fiscale e contributivo sono identiche, con l’eccezione del contributo Enpam sullo 0,5% del fatturato odontoiatrico che obbliga solamente le seconde (non considerato nella programmazione del nostro software ma che si può in ogni caso inserire manualmente).

I dati numerici utilizzati per questo articolo sono reali, si tratta dunque di un vero e proprio “case study” tratto da una consulenza prestata dall’autore.

Stimare il flusso di cassa

Iniziamo ad analizzare le funzioni del software. In primo luogo, è possibile, ma non indispensabile, utilizzare un apposito modulo per caricare i propri dati contabili relativi all’anno in corso, ad annualità passate e se si vuole anche alle previsioni future. Il modulo è personalizzabile sulla base delle convenzioni contabili che lo studio utilizza o su quelle del commercialista: in sintesi si tratta dei vari raggruppamenti in cui confluiscono entrate e uscite, o “conti”. Si veda l’esempio:

Per ogni utilizzatore può essere predisposto uno schema personalizzato sulla base della situazione contabile del commercialista. Si noti lo spazio giallo per eseguire previsioni voce per voce, il c.d. business plan, cosa che rende tutto assai più semplice. A destra, selezionando “Cash si o no”, si può avere una stima del flusso di cassa effettivo

Lo scopo di questo particolare modulo è, grazie all’impiego della colonna “Cash” dello schema mostrato nella precedente immagine, di generare uno schema sintetico del flusso di cassa (stima rapida) e consente poi, se lo si desidera, di inserire anche i suoi utilizzi, ottenendo così la variazione finale di liquidità netta dell’annualità considerata. Si veda l’immagine:

La simulazione fiscale e contributiva

L’imponibile fiscale, per il professionista come per la società, ha ben poco però a che fare con il flusso di cassa. L’incidenza delle imposte calcolata sull’imponibile perciò non può essere mai un indicatore del “quanto mi resta in tasca”. Analisi che proponessero quest’ultima conclusione sono perciò errate. L’imponibile fiscale di anni passati si desume dalla dichiarazione dei redditi e dell’Irap, e per l’anno corrente e i futuri da previsioni. Il nostro software, in uno speciale modulo che da qui si presenta, consente di inserire questi valori, e da questi esegue, automaticamente, la “trasformazione” della tassazione da quella del professionista a quella delle società. Attraverso un menù di navigazione ci si sposta nel modulo. Si veda la seguente immagine:

Il menù di navigazione del software

In testa a questo modulo viene riportato in sintesi il risultato della stima dei flussi di cassa se il modulo apposito, già precedentemente illustrato, è stato utilizzato. Si veda immagine:

Il dato sui flussi di cassa è riportato per poter paragonare la tassazione a valori effettivi, monetari, e non a valori fittizi quali sono gli imponibili fiscali. Il “quanto rimane in tasca” dopo le tasse è dato dunque dalla differenza fra il flusso di cassa e gli esborsi fiscali e contributivi, mai dalla differenza di questi ultimi con gli imponibili

Il primo passaggio per eseguire la simulazione “fiscalità del professionista VS società” è quello dell’inserimento in un apposita scheda del software dei dati desunti dalle dichiarazioni fiscali, o da loro previsione, per ottenere subito il calcolo della tassazione Irpef nazionale e locale, dell’Irap e della contribuzione previdenziale, la quale viene scontata dall’imponibile in quanto come è noto è da questo deducibile. Si veda l’immagine (l’utente inserisce i dati necessari solo nelle celle a fondo giallo, gli altri dati sono calcolati dal programma):

Il software calcola automaticamente la fiscalità locale, in quanto programmato per ogni regione e comune. La contribuzione tiene conto delle variazioni della aliquota contributiva Enpam intervenute nel tempo. Il software è già predisposto per l’inserimento degli importi di eventuali “crediti d’imposta”, in ordine alla stima dell’effettivo esborso per motivi fiscali

Ottenuti, istantaneamente, i dati visibili nella precedente immagine, il software esegue un calcolo di analisi percentuale dell’incidenza della fiscalità e contribuzione, prima sugli imponibili e poi sul flusso di cassa (se quest’ultimo è disponibile, per quanto si è detto). Si veda immagine:

Si noti come, nel caso esemplificato, ben si vede la diversa incidenza percentuale della tassazione complessiva sul reddito imponibile e sul flusso di cassa

Giunti a questo punto, si sono ottenute tutte le informazioni che riguardano fiscalità e contribuzione del professionista, dati che ora il programma è in grado di riprogettare in funzione di un ipotetico esercizio in forma societaria anziché professionale. In primo luogo, la simulazione richiede di indicare l’ipotetica compagine sociale. Nel caso qui presentato, il professionista odontoiatra intendeva associare il coniuge “laico” nonché “lavoratore”. Il software presenta allo scopo il seguente modulo:

Il software di simulazione riguarda il caso di soci solo persone fisiche. La versione “base” consente di simulare compagini societarie fino a max tre soci. L’inserimento dei nomi (qui per esemplificare si usano i generici “dottore” e “coniuge” è facoltativo

La prima simulazione eseguita automaticamente dal software riguarda le società di persone, commerciali e tra professionisti. Nell’esempio, non si sono assegnati compensi ai soci, in quanto nella società di persone, tassate per trasparenza, avrebbe poco senso in quanto non muterebbe “di un et” la tassazione. E’ possibile, come si vede, inserire “Eventuali deduzioni dal reddito consentite alle sole società”, se ce ne sono. Si veda l’immagine:

Si noti il calcolo del software: dal reddito di partenza, e dall’imponibile Irap, che sono quelli del professionista, è calcolata prima la tassazione della società e poi, in base alle percentuali di ripartizione degli utili decise dai soci, la rispettiva quota di utile. Quindi il programma, in base agli enti previdenziali scelti, calcola i contributi e li toglie dal reddito assegnato, si giunge così al reddito imponibile fiscale dei soci dovuto alla partecipazione nella società

Il software, e questo vale anche per la simulazione della società di capitali SRL, consente, per quanto riguarda i soci “laici” (non dentisti), di simulare la loro posizione lavorativa rispetto alla società calcolando la contribuzione di ben 10 diverse casse previdenziali (!), in pratica tutti i casi possibili, e precisamente:

Questa ampiezza permette ogni tipo di simulazione rispetto alle varie ipotesi di compagine sociale e di posizione del socio rispetto alla società

La prima simulazione, per le società di persone, termina con uno schema di analisi identico a quello già visto per il professionista:

La somma delle tassazioni dei soci, aggiunta a quella della società di persone, determina la tassazione globale della eventuale “conversione” del professionista in società di persone coinvolgendo un socio (nel nostro esempio il coniuge). Tale somma andrà confrontata con la tassazione del professionista del relativo schema

Si può notare che il coniuge, in qualità di “socio lavoratore”, diventa intestatario di contribuzione INPS, dunque si crea per lui una posizione pensionistica. Inoltre, la ripartizione su due “teste” di un reddito prima in capo al solo professionista, crea il fenomeno dello “splitting” (abbassamento dell’aliquota media dell’Irpef sul reddito totale), che è il principale responsabile del risparmio fiscale che, come si vedrà, il “passaggio” a società di persone consente. Peraltro, rispetto al professionista solo, vi è un aumento di esborso per la contribuzione previdenziale. Si tenga infine presente che nella società di persone il flusso di cassa, a differenza che nella società di capitali, può essere liberamente utilizzato per scopi personali, come avviene per la situazione professionale.

Il software conclude la sua simulazione presentando una tabella riepilogativa identica a quella già vista per il singolo professionista:

Si confrontino queste informazioni con l’analoga tabella del professionista

Veniamo dunque alla simulazione per le società di capitali, e segnatamente per la SRL odontoiatrica, commerciale o tra professionisti che sia. In questa particolare società, la tassazione della società e dei soci è nettamente separata, è dunque possibile “spostare” reddito dalla società ai soci e viceversa, cosa che se ben dosata può consentire una programmazione della tassazione e della contribuzione più efficiente rispetto alla società di persone e alla libera professione. Un software come quello qui in presentazione, è l’unico strumento davvero funzionale per testare le migliori soluzioni possibili. Simuleremo quindi: per il dottore l’assegnazione di un compenso annuale da lui fatturato per €. 45.000, per il coniuge un emolumento annuale come amministratore di €. 12.000. Si veda il risultato per quanto riguarda la tassazione Ires e Irap della società:

Si noti che il programma calcola la deduzione dei contributi del coniuge portandoli in riduzione del reddito sociale usato per la simulazione

Il software passa ora, sempre automaticamente e istantaneamente, alla simulazione degli imponibili personali dei soci della SRL derivanti dall’attività prestata per la società, in base alle rispettive percentuali di partecipazione agli utili e alle perdite. Si veda immagine:

Si sono mantenute le stesse percentuali di ripartizione dell’utile che nel caso già visto della società di persone. Si è ipotizzato che i soci prelevino la metà degli utili della SRL. Il programma calcola i contributi dovuti dai soci sia per quanto riguarda gli emolumenti da loro percepiti per servizi resi alla società, che per la loro quota di partecipazione agli utili. Le due contribuzioni così calcolate sono complessivamente deducibili dai rispettivi redditi fiscali

Il passaggio finale, anche per la simulazione fiscale del “passaggio” da professionista a SRL, riguarda la tassazione dei soci della società. Si veda l’immagine:

La somma delle tassazioni dei soci, aggiunta a quella della SRL, determina la tassazione globale della eventuale “conversione” del professionista in società di capitali coinvolgendo un socio (nel nostro esempio il coniuge). Tale somma andrà confrontata con la tassazione del professionista e quella della società di persone dei relativi schemi

Per la SRL valgono le stesse considerazioni che si sono proposte precedentemente per la società di persone.

Anche per la società di capitali SRL odontoiatrica il nostro software presenta la tabella finale per la sommatoria di tassazione e contribuzione, inclusiva delle analisi percentuali della loro incidenza rispetto al reddito professionale imponibile di partenza e rispetto al flusso di cassa. Si veda l’immagine:

Si confrontino queste informazioni con le due analoghe tabelle precedentemente proposte per il singolo professionista e per il caso della società di persone

La fase finale del lavoro di questo nuovo software di simulazione rispetto al passato, al presente e al futuro del confronto fra la tassazione del dentista libero professionista e quella delle varie forme societarie, tra professionisti o commerciali che siano, è una tabella di confronto dei vari esborsi per tasse e contributi che le tre diverse modalità di organizzazione offrono:

La tassazione e la contribuzione riferite alle società comprendono anche quella dei loro soci

La tabella finale mostra che il risultato di risparmio quando da professionista si passa a società, nel caso qui esemplificato di due soci, si ottiene sulla tassazione complessiva, calcolata al netto dei contributi previdenziali, Irpef, Irap e Ires. Tali risparmi non sembrano dipendere da legislazione più favorevole, ma dal fatto che ripartendo un imponibile fiscale su più “teste” si attenua la progressività dell’Irpef. Occorre inoltre tenere presente, per quanto riguarda la società di capitali, che a differenza della professione e della società di persone, la liquidità sociale non è liberamente disponibile, nella SRL, per impieghi personali dei soci, se non attraverso il prelievo dell’utile che però va tassato, e si può pertanto ritenere che quanto “rimane in tasca” ai due soci di SRL qui simulati, come si può agevolmente ricostruire dalle tabelle, è meno rispetto alle altre due configurazioni. E’ vero invece che, nel caso esemplificato, con le società si ottiene la creazione di una posizione pensionistica per il coniuge, cosa che nella professione singola non sarebbe possibile.

Il software esemplificato è utilizzato nelle consulenze “studio di fattibilità” prestate dal Dottor Bortolini. Anche online, in tempi rapidissimi sarà possibile, per chi è interessato al “passaggio a società”, ottenere delle stampe delle simulazioni costruite sui suoi progetti, desideri e possibilità. Con l’aiuto di un professionista esperto, si potrà, grazie a questo software, immaginare e testare con precisione le possibili diverse configurazioni societarie, fiscali e contributive. Per informazioni 0498962688

Operatori sanitari: dal 2021 invio mensile a Tessera sanitaria: occhio alla fatturazione!

Con l’emanazione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze del decreto 19 ottobre 2020, pubblicato in G.U. il 29 ottobre 2020 è stato disposto:

·         di estendere i dati che devono essere trasmessi a STS includendo la modalità di pagamento, il tipo di documento fiscale (fattura o documento commerciale-scontrino), l’aliquota ovvero la natura Iva della singola operazione;

·         di modificare il termine temporale dell’invio dei predetti dati al STS, che per le spese sanitarie sostenute dal 1 gennaio 2021 da annuale diventa mensile;

·         di prevedere comunque la trasmissione a STS dei dati delle spese sostenute dal 1° gennaio 2021 anche se oggetto di opposizione espressa al loro invio da parte del cliente del medico.

Rimangono al momento invariate le previste notevoli sanzioni per omissioni, errori, ritardi negli invii.

Per gestire senza rischiare sanzioni questi 12 (!) nuovi invii telematici mensili, sarà importantissimo sapere come evitare errori nella fatturazione, con riferimento alla modalità di pagamento. Si tratterà di decidere se e come inserire particolari diciture in fattura, e soprattutto di essere sicuri che la trasmissione dei dati al commercialista che si occuperà degli invii a STS avvenga in modo corretto. Nella prossima edizione del corso online sulla fatturazione in odontoiatria si affronterà il tema con indicazioni pratiche. Non mancate! (è possibile acquistare la sola registrazione del corso).

Fatturare è tutto. Anche in odontoiatria

Il corso online sulla “Fatturazione odontoiatrica”, è l’unica occasione per apprendere in un tempo ridottissimo regole e segreti di questa fondamentale procedura amministrativa.

Nella prossima edizione del corso, saranno date delucidazioni sulle ultimissime prese di posizione dell’Agenzia delle entrate su: aggiunta di spese amministrative in fattura oltre al corrispettivo per le cure prestate; marca da bollo; diversità fra intestatario fattura e chi materialmente paga.

In fondo a questo testo, il link per l’iscrizione.

Ecco il programma:

LA FATTURAZIONE AL PAZIENTE ODONTOIATRICO.

DOMANDE E RISPOSTE

Il contenuto della fattura odontoiatrica

  • Le parti ideali della fattura, conoscerle per non sbagliare
  • Se gli importi fatturati sono diversi da quelli preventivati, è un problema?
  • E’ sempre necessario dettagliare le prestazioni in fattura?
  • Si può fatturare altro oltre alle prestazioni mediche?
  • Con quale dicitura inserire in fattura dei “costi Covid”?
  • Ciò che si può mettere in fattura, è sempre esente dall’Iva?
  • Le contestazioni del Fisco in punto di descrizione delle operazioni in fattura (cenni)

La fatturazione e il recupero della spesa per il bollo

  • Chi, e quando, è obbligato ad apporre la marca in fattura?
  • E’ legale chiedere il rimborso della marca al cliente?
  • Come redigere la fattura per chiedere il rimborso del bollo
  • Evitare gravi rischi causati da errori nella fatturazione della marca da bollo
  • Come comportarsi se le fatture sono spedite per email?

A chi intestare la fattura: al paziente o a chi paga?

  • La “rivoluzione” causata dall’obbligo di pagare tracciato per la detrazione
  • I rischi fiscali e penali degli errori di intestazione (cenni)
  • Le precauzioni da prendere per evitare i rischi
  • Quali rischi se il paziente paga con una carta di credito non sua e non lo dice?
  • Se paga il fidanzato, o il nonno, a chi intestare?
  • E se il paziente è minorenne?

La fattura si deve emettere sempre al momento dell’incasso?

  • Incassare oggi, fatturare entro 12 giorni o…il mese dopo
  • Cosa fare quando si superano i termini di legge per l’emissione

Domande e risposte

Il Relatore risponderà a quesiti specifici posti dai partecipanti durante il corso.

MATERIALI

1^ dispensa con le diapositive del corso con esempi di script per la comunicazione con i pazienti. 2^ dispensa con testi illustrativi dei seguenti argomenti: marca da bollo; descrizione delle operazioni; prestazioni gratuite.

DURATA

Due ore e mezza più trenta minuti per le domande e risposte

ABSTRACT

La fattura è ben di più che un mero adempimento tributario. Essa è il punto terminale della filiera produttiva odontoiatrica, che comprende anche, e in ogni sua fase, importanti aspetti di relazione: si inizia con la visita, si passa per il preventivo, da tempo obbligatorio per legge, si arriva alla conclusione del rapporto contrattuale con il paziente di cui, appunto, la fattura è il suggello. Gestire bene quei passaggi, aiuta certamente lo studio a differenziarsi, a migliorare l’immagine e, in definitiva, a lavorare meglio.

Dal punto di vista dello studio, occorre avere ben presente che la fattura, non appena emessa, diventa la base della contabilità interna, dunque del controllo della gestione, ed esterna, quella tenuta dal commercialista ai fini dichiarativi e adempimentali. Conviene allora saperla fare precisa, senza errori.

Questo corso, che offre quanto serve per la gestione della fatturazione verso il paziente persona fisica, va allora frequentato sia perché consente di avere le risposte alla più dibattute domande sulla questione “fatturazione odontoiatrica”, e così acquisire maggiore sicurezza nelle procedure amministrative dello studio, e ridurre il rischio di sanzioni, sia perché l’argomento è presentato in modo da consentire, a chi ne coglierà anche questo aspetto, di utilizzarlo per migliorare la competitività dello studio.

La completa conoscenza delle regole della fatturazione, va infatti vista come una “marcia in più”, l’occasione per differenziarsi e rinforzare la qualità della relazione con il cliente. Si pensi ad esempio a quanto gradito può risultare al paziente, sentirsi assistito, nei momenti del pagamento al fine di evitare errori che gli precluderebbero la detrazione fiscale.

Il corso in programma, il cui Relatore si può considerare a pieno titolo un vero esperto della materia, offre apprendimento e chiarimenti su ciò che deve essere ben presente nelle competenze del dottore e degli ASO, offrendone una visione profonda e in grado di aiutare a trasformare queste conoscenze in maggiore sicurezza, migliore immagine e minori rischi. In definitiva a dare, allo studio, più autorevolezza.

INFORMAZIONI E ISCRIZIONI

Dentisti e fisco: consigli per finire l’anno, ma …occhio all'”effetto Covid”!

Di Paolo Bortolini *

ATTENZIONE! Questo articolo è stato pubblicato qui lo scorso anno (2019). Oggi, a seguito delle conseguenze del confinamento seguito all’emergenza sanitaria, alcuni dentisti si possono trovare in una situazione per cui gli incassi sono diminuiti meno dei costi e delle spese. L’articolo perciò è stato revisionato. Ad esempio, se a fine anno gli incassi rispetto all’anno scorso fossero diminuiti del 20% ma costi e spese del 40%, si potrebbe perfino giungere a un imponibile fiscale maggiore dello scorso anno, nonostante la “crisi”. Tale fenomeno risulterà più accentuato e presente qualora si fossero utilizzate la moratoria sui leasing e la cassa integrazione in deroga. Insomma ci si può attendere una sorta di “effetto Covid” su qualche dichiarazione dei redditi. E’ pertanto cruciale dedicarsi quanto prima a valutare la situazione nei dettagli, e attuare le opportune “mosse”. Per consulenza, tel. 0498962688.

Con l’avvicinarsi dell’ultimo giorno di dicembre, il fatidico “31/12”, i professionisti e i loro commercialisti “fanno il punto” della situazione, in modo da fare una previsione dei dati che, l’anno dopo, andranno a formare il reddito “imponibile”. In altre parole, si mira ad una previsione delle imposte, Irpef ed Irap, che l’anno in corso farà maturare.

Prima dell’avvento degli “studi di settore”, in molti ricorderanno che a fine anno c’era una sorta di frenetica “corsa” all’anticipo delle spese e al rinvio Continua a leggere

Registratore di cassa per i dentisti?? Assolutamente no!!

Di Paolo Bortolini *

[AGGIORNAMENTO DEL 3 GENNAIO 2021. Si continua ancora a vedere la diffusione, purtroppo anche in siti Internet collegati a organismi di rappresentanza di medici e dentisti, di notizie totalmente destituite di fondamento e perfino con l’invenzione di norme inesistenti, su un presunto “obbligo” o su una altrettanto fantomatica “facoltà” (sic) per i dentisti e i medici di dotarsi del registratore di cassa. Si ribadisce che ad oggi mai una simile ipotesi è venuta alla luce, nemmeno nelle più nascoste intenzioni del legislatore. I responsabili dei siti che diffondono tali notizie fasulle farebbero bene a rivolgersi a persone competenti per la redazione degli articoli che diffondono.]

E’ stata diffusa su Internet un’informazione che potrebbe creare ingiustificate aspettative fra i dentisti professionisti, anche associati. Secondo queste fonti, interpretando l’articolo 15 comma 2 del DL 124/2019 (il c.d. “collegato fiscale” alla legge di bilancio 2020, già entrato in vigore), sembrerebbe che, se tale norma non sarà modificata, ai suoi clienti privati il dentista, dal 1 luglio 2020 dovrà, probabilmente, consegnare uno scontrino fiscale oltre alla fattura nonché inviarlo a STS. Questo è quanto si legge.

Tale previsione, per quanto presentata con il condizionale, è in radice assolutamente ingiustificata: mai il legislatore ha voluto, almeno per il momento, imporre ai dentisti un simile obbligo, nemmeno “in forse”. Perciò niente allarmi: ai clienti privati, dal 2020, solo la fattura cartacea dovrà continuare ad essere emessa, e con tanto di marca da bollo analogica se di importo superiore ai 77,47 €.!

Infatti, la norma del DL 124/2019 in questione è la seguente:

“Art. 15.  Fatturazione elettronica e sistema tessera sanitaria (in vigore dal 27 ottobre 2019)

omissis………

2. All’articolo 2, comma 6-quater, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: “A decorrere dal 1° luglio 2020, i soggetti di cui al primo periodo adempiono all’obbligo di cui al comma 1 esclusivamente mediante la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati relativi a tutti i corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria, attraverso gli strumenti di cui al comma 3.”.

Come si può leggere, il comma 2 introduce una nuova norma all’interno di un articolo già esistente, e non statuisce, come si potrebbe evincere da quanto è stato diffuso, un nuovo obbligo desumibile da quanto posto fra le virgolette. L’impressione è che nella notizia come diffusa, sia stata data una lettura parziale della norma in esame, saltando a piè pari le parole che precedono i due punti e le virgolette.

L’articolo che viene modificato dal DL 124 art. 15 comma 2, è l’art. 2, comma 6 quater, del Dlgs 127 del 2015 (quello alla base di fatturazione elettronica e corrispettivi telematici-scontrini fiscali). La modifica però, cioè l’obbligo giornaliero di inviare a STS gli scontrini fiscali (da cui sorgerebbe la necessità di munirsi di apposito registratore di cassa), come ben risulta dalla lettura dell’articolo del Dlgs 127/2015 come modificato dal DL 124/2019, si applica solo ai “soggetti che effettuano le operazioni di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”. I dentisti liberi professionisti non rientrano fra questi soggetti.

Perciò, nessuna modifica al collegato fiscale è quindi necessaria: non esisterà alcun obbligo di munirsi di registratore di cassa per i dentisti professionisti, anche associati.

Fatture analogiche ed elettroniche: tutto sul Bollo

[BOLLO FATTURE DENTISTI]

Di Paolo Bortolini *

[Di tutto quanto riguarda la questione qui trattata, puoi trovare formazione e indicazioni operative partecipando al corso intensivo “LA FATTURAZIONE ODONTOIATRICA DALLA A ALLA Z”.]

La corretta modalità di assolvimento dell’imposta di bollo sulle fatture sanitarie e la richiesta al cliente del suo eventuale recupero, sono argomenti semplici solo in apparenza e in alcuni studi dentistici anche forieri di dubbi applicativi.  Quanto scriverò vale anche in caso di fatturazione elettronica: nulla cambia infatti dal punto di vista normativo. I dubbi possono dipendere anche da notizie prese da Internet, fra le quali si trovano diffuse e ripetute inesattezze e perfino leggende metropolitane, vedi questo mio articolo: “L’ID della marca”. Ricordo che l’imposta di bollo sulle fatture, oggi pari a due euro, è dovuta quando il loro importo supera i 77,47 €..

Le principali, fra le inesattezze internettiane, riguardano: il “chi deve pagare la marca” (rectius chi è il debitore dell’imposta nei confronti dell’Erario), e come la si deve evidenziare in fattura ai fini dell’eventuale suo addebito al cliente. Per la prima, s’incapperà in varie ricorrenze con le stesse identiche parole, dunque dei “copia-e-incolla”, ma a firma di diversi “autori” (vattelapesca chi le ha scritte) che, in sintesi, sostengono: “il pagamento della marca è a carico del debitore, come si ricava dall’art. 1199 del Codice civile. Per la seconda, che come si dirà è strettamente collegata alla preventiva individuazione del debitore d’imposta, si troveranno fraseologie del genere: “se il bollo è posto a carico del cliente, l’importo della marca va indicato in fattura tra le operazioni escluse dall’IVA art. 15 D.P.R. n. 633/1972.”.

Le due proposizioni sono sbagliate, e fiscalmente rischiose in certi casi. Vediamo perché.

1. La fattura non è una “quietanza”

L’articolo 1199 del Codice civile nulla c’entra con le fatture, esso infatti recita: “Diritto del debitore alla quietanza [1]. Il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza e farne annotazione sul titolo, se questo non è restituito al debitore. [2]….”.

La “quietanza” di cui tratta il Codice civile è un apposito atto formato dal creditore che certifica l’avvenuto adempimento di un’obbligazione, di solito pecuniaria, da parte del debitore o di un terzo. Tale atto è formato “a richiesta” del debitore che, per capirsi, sarebbe il cliente del dentista o della società. Ci si trova insomma davanti a vicende di rapporti bilaterali, fra le due parti di un qualche contratto. A patti di natura privatistica. La fattura è invece emessa per un obbligo di legge che ricade esclusivamente su chi effettua l’operazione, e va perciò emessa “spontaneamente” e non “su richiesta”. E la si può per di più emettere anche in assenza di preventivo pagamento. La fattura perciò nulla ha a che fare con la “quietanza” richiamata dall’art. 1199. Inoltre, se nel Decreto sul bollo fatture e quietanze sono trattate distintamente all’interno dello stesso articolo, come si dirà, un motivo ci sarà pure!

2. A chi spetta pagare la marca da bollo?

Detto dell’irrilevanza dell’art. 1199 C.c., vanno ora cassati i dubbi sul fatto che il soggetto passivo di diritto dell’imposta, cioè colui che in base alla legge la deve assolvere, è solo chi emette la fattura. Mai chi la riceve. Questa granitica certezza deriva dalla lettura in combinato di tre articoli del DPR 642 del 1972 (quello che disciplina l’imposta di bollo):

  • l’art. 2 comma 1, che fissa il verificarsi del presupposto dell’imposta “fin dall’origine” della formazione di documenti, cioè sulla fonte da cui il documento promana;
  • l’art. 13 della parte A della tariffa, che include le fatture nei documenti soggetti all’imposta “fin dall’origine” (e nel quale si opera anche la distinzione fra fattura e quietanza cui si è accennato);
  • l’art. 23 che vieta ogni patto contrario alle disposizioni del decreto stesso, ad esempio quello che stabilisse che il debitore dell’imposta non è chi forma il documento, ma chi lo riceve.

Anche sul piano della prassi interpretativa dell’Agenzia delle entrate in riferimento alle fatture sanitarie, è stato chiaramente indicato che debitore dell’imposta è chi forma il documento (risoluzioni 199 del 1995 e 444 del 2008). [AGGIORNAMENTO DEL 26/8/2020 (1° Era Covid): nella Risposta ad interpello ordinario nr. 268/2020, l’Agenzia delle entrate scrive, all’ultimo periodo (sottolineatura dell’autore): “…l’imposta di bollo è dovuta ex lege da tutti i clienti della Società quando l’importo della fattura supera euro 77,47…”; dal momento che le norme sul bollo non sono cambiate, tale nuova interpretazione, del tutto in contrasto con le precedenti sopra citate, è da considerarsi erronea per quanto illustrato nel presente articolo.]

Perciò, ogni ipotesi di assolvimento dell’imposta con modalità diversa da quella legale – debitore dell’imposta nei confronti dell’Erario è chi emette la fattura – non va presa in alcuna considerazione.

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3. Come far pagare la marca al cliente?

La legge non offre dunque alcuna possibilità per “costringere” il cliente a sostenere la spesa per la marca. Giuridicamente, si dice che la legge non prevede la rivalsa, nemmeno in via facoltativa. Il normale comportamento da tenere è perciò il seguente: chi forma il documento assolve l’imposta apponendo la marca da lui prepagata senza inserire alcuna indicazione in fattura e nulla chiedendo a chi riceve il documento (in fattura elettronica barrando un flag al momento dell’emissione e versando in un secondo tempo, per via telematica, l’importo).

Se si vuole recuperare la spesa del bollo, a parte soluzioni extra-contabili che però non permettono a chi riceve la fattura di portare la spesa del bollo in detrazione, occorre in primis il consenso del cliente su base non legale ma di gentlemen agreement, ed evidenziare la cosa in fattura. Si parla allora di “traslazione” (ma solo economica, non dell’obbligo giuridico di assolvere l’imposta) del peso dell’imposta: il soggetto passivo di diritto (chi deve legalmente assolvere l’imposta nei confronti dell’Erario) rimane chi forma il documento, ma il soggetto passivo di fatto (chi ne sostiene effettivamente l’onere), diventa chi lo riceve. Si vedrà poi che è questo il motivo per cui non è corretta l’indicazione in fattura dell’importo della marca come “escluso dall’Iva art. 15 D.P.R. n. 633/1972”.

Nel corpo della fattura, insieme alle prestazioni fatturate, si aggiunge una voce tipo “recupero spesa imposta di bollo”, facoltativamente indicandone l’importo, e questa aggiunta avrà la natura di un puro e semplice “aumento di prezzo”, di una integrazione del corrispettivo richiesto per l’opera prestata. Il corrispettivo totale fatturato comprenderà dunque anche i due euro del bollo. In fattura elettronica, per procedere all’aggiunta della voce si dovrà aggiungere una apposita “riga di dettaglio”.

4. Perché non va fatturata la marca da bollo come “Esclusa art. 15 DPR 633”?

Venendo al secondo punto della mia “contestazione”, l’articolo 15 del DPR 633, quello sull’Iva, a nulla rileva in quanto la non imponibilità ai fini dell’Iva dei due euro (perché questo è il punto) non può dipendere dalle previsioni di quella norma. Indicarlo in fattura non solo non è corretto, ma può essere anche fiscalmente rischioso, come si dirà.

L’applicazione dell’articolo 15 consente di escludere dalla base imponibile dell’Iva (ma anche da quella delle imposte sul reddito), i rimborsi di spese sostenute in nome e per conto del cliente. Perciò, si potrebbe pensare, siccome alla fine si chiedono i due euro al cliente, altro non si è fatto, acquistando prima e apponendo la marca sulla fattura poi, che anticipare una spesa in attesa del suo rimborso da parte di colui nel cui interesse è stata sostenuta. Fattispecie che se sul piano meramente fattuale si potrebbe anche considerare realizzata, per quanto riguarda l’applicazione della norma tributaria non si può accettare.

Infatti, l’anticipazione di somme “in nome e per conto” del cliente prevista nell’articolo 15, si realizzerebbe solo se la spesa della marca maturasse fin dall’origine nella “sfera giuridica” del cliente in quanto debitore legale dell’imposta. Cosa che, stante l’intangibilità della soggettività passiva di diritto all’imposta, di cui si è detto al punto 2, non può mai verificarsi.

5. Qual è il giusto “articolo Iva” per fatturare l’importo della marca?

Non potendo applicare l’art. 15, come spiegato, l’importo della marca indicato in fattura, in quanto operazione diversa dall’effettuazione di prestazioni sanitarie rivolte alla persona che, come è noto, sono esenti dall’Iva, sarebbe imponibile ai fini di questa ultima imposta. Insomma, su quei due euro si potrebbe perfino doverci aggiungere e versare l’Iva!

Per fortuna non è così. Si può infatti invocare la natura “accessoria” alla prestazione principale (medica) dell’aggiunta in fattura della spesa per la marca che si intende recuperare. L’art. 12 del DPR 633, riconosciuta detta accessorietà a quella spesa, dispone che il suo trattamento ai fini dell’Iva sarà il medesimo di quello dell’operazione principale, dunque l’esenzione ex nr. 18) del comma 1 dell’art. 10 del decreto Iva.

Ed è la stessa Agenzia delle entrate che, in via ufficiale, riconosce la natura accessoria dell’aggiunta in fattura della spesa per la marca. Infatti, ben argomenta la già citata risoluzione 444 del 2008 (sottolineature mie): “La stessa conclusione vale nel caso in cui l’imposta di bollo sia stata esplicitamente traslata sul cliente da parte del professionista ed evidenziata a parte nella fattura o ricevuta; come precisato dalla scrivente con la risoluzione 14 luglio 1995 n. 199/E, nulla vieta, infatti, che l’importo del tributo dovuto dal professionista in relazione al documento rilasciato al cliente sia a quest’ultimo addebitato in aggiunta al compenso professionale. Anche in tale ipotesi, l’imposta, separatamente addebitata nella fattura o ricevuta emessa, può essere considerata un costo accessorio alla prestazione professionale…”.

L’articolo Iva corretto con cui fatturare il “recupero” della marca come indicato, sarà il “normale” (per le prestazioni sanitarie) nr. 10 e non dunque il nr. 15.

6. Tre implicazioni fiscali di quanto esposto

Potenziali contestazioni in caso di controllo

Se si emette fattura indicando l’importo della marca come “escluso articolo 15”, tale importo, oltre che escluso dall’Iva, non rappresenterà un compenso imponibile ai fini reddituali, ma una “partita di giro” con denaro anticipato in nome e per conto del cliente rimborsato in occasione dell’emissione della fattura. Per chi emette la fattura, tali movimenti saranno perciò, giuridicamente, irrilevanti ai fini della tassazione del suo reddito. Mancando l’imponibilità come compenso, simmetricamente viene meno la deducibilità della correlativa spesa, in quanto non sostenuta perché, come indicato in fattura, rimborsata dal cliente. Qualora la spesa per marche così fatturate fosse stata comunque portata in deduzione, la si sarebbe dedotta senza averne diritto e ciò potrebbe essere contestato in caso di controllo fiscale.

Inoltre, dal momento che, per quanto finora detto, non di “partita di giro” si tratta ma di incasso imponibile, l’Amministrazione potrebbe contestare pure la mancata indicazione, fra i compensi imponibili, dei corrispettivi fatturati per le marche. Doppia penalità, dunque. Magari poi si sistemano le cose, spiegando e mostrando all’Agenzia che l’indicazione dell’art. 15 del 633 era stata “messa lì” anche perché nella sua rivista online “Fisco oggi” del 22 novembre 2016 così sosteneva (peraltro in via non certo ufficiale), ma che il commercialista, sapendola lunga, ha comunque messo a tassazione i due euro fatturati: ma allora forse conveniva fare le cose giuste subito.

Pagamento di fatture con bollo e ritenuta d’acconto

Quando si paga una fattura al collega che sostituisce il professionista nell’esecuzione di una prestazione, o che opera in qualità di collaboratore di un ambulatorio, il committente deve trattenere l’importo della ritenuta d’acconto come percentuale (20%) del pagato. Se nel pagamento si comprende anche l’importo della marca aggiunta dal prestatore in fattura, la ritenuta va calcolata anche su questo importo. Esemplificando, se si salda una fattura per 100 €. di prestazione con in più l’aggiunta dei 2 €. per recupero della spesa della marca, il 20% va calcolato su 102 €. e non su 100 €.. Se a saldo di quella fattura si versano al prestatore 82 €. invece che 81,6, si è omesso di versare ritenute per 0,40 €.. Poco si potrebbe pensare, vero, ma sempre di omesso versamento di ritenute si tratta.

Vero è che se chi emette la fattura mette l’importo della marca come “escluso art. 15” o perfino senza alcuna indicazione, indicando nella fattura oltre al corrispettivo per le sue prestazioni anche l’importo della ritenuta d’acconto (cosa non necessaria, che si usa fare come “cortesia” al cliente) però calcolato senza tenere conto dell’importo della marca, vedendosi arrivare in pagamento una somma inferiore di 0,40 €. potrebbe avere da ridire. Mandategli questo articolo.

Dedurre la spesa della marca

Quando chi emette fattura la integra con l’indicazione della spesa della marca, come indicato al punto 3, “battezza” i due euro come compenso imponibile ai fini delle imposte sul reddito. Avendo evidenziato in fattura la motivazione di quell’integrazione, contemporaneamente “battezza” la spesa che ha sostenuto per acquistare la marca come inerente all’attività, perciò e in quanto tale deducibile. La gestione della marca, fatta in questo modo, diventa perciò fiscalmente, finanziariamente ed economicamente neutra. A costo zero per il prestatore, purché ovviamente percepisca dal cliente l’importo della fattura inclusivo dei due euro della marca apposta (e se non lo percepisce, che senso ha mettere l’importo della marca nella fattura?).

Se invece non si procede a “traslare” esplicitamente l’imposta di bollo sul cliente, dunque solo apponendola sul documento ma senza indicare alcunché in merito nel corpo della fattura, come pure indicato sopra al punto 3, la spesa della marca apposta sarà deducibile ai fini del reddito ai sensi dell’art. 54 del TUIR per il dentista, e dell’art. 99 sempre del TUIR per la società. La spesa effettiva per ogni marca saranno dunque i due euro meno il risparmio fiscale.

[Di tutto quanto riguarda la questione qui trattata, puoi trovare formazione e indicazioni operative partecipando al corso online “LA FATTURAZIONE AL PAZIENTE ODONTOIATRICO”.]

Conclusioni

La questione della marca da bollo sulle ricevute sanitarie, pur avendo l’apparenza di un tributo “minore”, è in realtà materia delicata e, vedendo varie pubblicazioni su Internet, è da migliorare la sua esplorazione anche da parte degli “addetti ai lavori”. In questo articolo ho trattato solo alcune fra le principali questioni. Per sapere di più, si consideri di partecipare ai miei corsi o di chiedere consulenza.

* dottore commercialista, consulente e formatore per la gestione delle attività economiche in odontoiatria. Tel. 0498962688. Clicca per –> le consulenze. Clicca per–> i corsi.

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