Appuntamenti saltati: farseli pagare?

Su Odontoline.it, nel Forum “Gestione dello studio” di cui sono Moderatore, è stato aperto un topic relativo alla vexata quaestio della “penale” da chiedere al cliente in caso di “salto” dell’appuntamento senza o con troppo poco preavviso. Un iscritto al forum, chiedeva se esiste qualche norma in merito. I vari post succedutisi, hanno fatto vedere molti modi di affrontare la cosa, tutti però, almeno mi sembra, poco convinti rispetto alle posizioni più rigide: “Hai saltato, devi pagare”.

Prima ho consigliato di leggere bene gli articoli 33 e 34 del Decreto Legislativo 206 del 6/9/2005, il “Codice del consumo”, che parlano delle “clausole vessatorie”, quelle, per intendersi, che impongono contrattualmente degli oneri a carico del cliente che non sono controbilanciati da altrettanti oneri a carico del professionista (ad esempio, se fai firmare al cliente un contratto dove scrivi che se salta l’appuntamento deve pagare, e a tua volta non gli riconosci un rimborso se sei tu a spostare l’appuntamento, la prima è una clausola vessatoria). Ho quindi proposto una possibile soluzione, che mi sembra più elegante e che può avere il pregio di incentivare il vostro paziente a collaborare di più.

Si tratta di formulare il “preventivo”, che di fatto può essere considerato il contratto, con una impostazione del genere: detti A e B due prezzi per la medesima cura, dove A è più alto di B, scrivere una cosa del genere: “Il prezzo per le cure in preventivo è A, ma potrà essere B se alla fine delle cure il paziente avrà collaborato/sarà stato puntuale.”.

Un iscritto al forum ha suggerito di mettere A come tariffa normale, e B come scontata. Ho suggerito: “Perchè non mettere B tariffa normale, e A maggiorata?”.

L’idea per me non è nuova, l’ho già sperimentata nelle consulenze dirette agli studi e descritta nel mio libro “Gestione Extra-clinica dello studio odontoiatrico”, pubblicato nel 2001 da Masson. Si tratta di collegare il prezzo alla collaborazione, che può includere, oltre alla puntualità per gli appuntamenti, quella sui pagamenti concordati. La “collaborazione” non deve però essere un concetto astratto, ma un sistema ben definito e graduato, in modo da poter assicurare ai pazienti uniformità di trattamento.

A corredo di quest’ultima idea, allego un’immagine tratta dal libro citato, che è una “griglia” per la definizione della collaborazione e della sua graduazione in base a livelli che ogni studio dovrebbe definire, essendo le indicazioni scritte sull’immagine solo degli esempi.

Il “Modello della collaborazione” nel testo “Gestione extra-clinica dello studio odontoiatrico” di P. Bortolini, Masson 2001

Una Risposta

  1. Come credo di aver detto in uno dei nostri ultimi incontri credo che la faccenda ponga anche un altro problema: che dobbiamo fare se ci capita ( e ci capita ) di dover fare aspettare il paziente in sala per qualche nostro contrattempo? E se ci pone il problema del SUO tempo, che in questo modo viene perso? Io credo che come al solito il buon senso sia la chiave di tutto: spiegare cortesemente il problema al paziente cronicamente ritardatario, fargli fare una telefonata o un sms per tempo dalla segretaria per ricordargli l’ orario, eventualmente fargli un piccolo sconto se è sempre stato puntualissimo, ma metterla sul piano contrattuale, addebitargli sedute a vuoto etc etc è antipatico, oltre che pericoloso. Nel peggiore dei casi, se proprio la poca puntualità o il numero di appuntamenti saltati è tale da mandare in perdita tutto il lavoro, si può pensare di non riprenderlo in cura dopo la conclusione del primo ciclo terapeutico, o magari di trovare il modo di farsi pagare tutto in anticipo ( cosa che è un ottimo incoraggiamento a venire, e puntuali.)

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